Le bevande alcoliche, pur nella diversità delle forme e delle culture del bere, sono da sempre percepite come un bene di consumo peculiare, contraddistinto da una intrinseca ambiguità associata ai gravi danni inerenti al loro abuso.
Le aspettative di promozione della salute pubblica e del benessere sociale trovano riscontro nelle politiche alcologiche di controllo delle produzioni e dei consumi delle bevande alcoliche, implementate sia a livello europeo sia dai singoli Stati in una prospettiva di prevenzione e contenimento di fenomeni potenzialmente rischiosi per i valori di salute e sostenibilità di lungo termine della società.
L’impulso a dotare il paese di una vera e propria strategia alcologica formale emerge gradualmente in relazione alla tipologia e importanza dei consumi, al peso socio-sanitario dell’abuso, alle politiche industriali e commerciali che toccano direttamente o indirettamente il comparto delle bevande alcoliche, all’accettabilità sociale di norme che toccano tutti i cittadini. Storicamente la creazione di una strategia regolatoria specificamente rivolta a incidere sul consumo generale delle bevande alcoliche è tipica dei paesi Scandinavi ed anglo-sassoni. In essi si rileva il peso dei comportamenti di abuso, spesso reiterati in ampie fasce della popolazione, la predilezione per bevande ad alto tenore di alcol (gli spiriti) o ad alta intensità di consumo (le birre nordiche), la sensibilità alla tutela delle persone dal rischio di incidenti e un certo rigore nelle norme di sicurezza sul lavoro. A questi aspetti va aggiunto il ruolo della cultura protestante di ispirazione puritana, che in Nord Europa e negli Stati Uniti ha nutrito il paesaggio sociale all’insegna del carattere “vizioso” e anti-sociale del bere, come dimostra tra l’altro l’esperienza storica del proibizionismo americano tra il 1919 ed il 1933.
Nell’Europa latina e mediterranea, il retroterra socio-antropologico è naturalmente diverso. Oltre al ruolo dominante del vino e all’integrazione armoniosa tra consumo e stile conviviale associato alla famiglia, la non demonizzazione degli alcolici nelle forme condivise della cultura mediterranea unita ad una maggiore censura complessiva dell’ubriachezza come comportamento sconveniente segno di mancanza di moderazione, si coniuga con un’attenzione maggiore ai valori edonici del bere (rilassatezza, spensieratezza, condivisione) che, sebbene non automaticamente protettivi rispetto al danno d’abuso, ha cementato nel tempo una capacità di autoregolazione ben visibile in tutti gli strati della popolazione. Tale atteggiamento si riscontra anche nella peculiarità dello stile di vita di molti popoli dell’area latina, e segnatamente dell’Italia, che da tempo presenta livelli di consumo e di abuso ben al di sotto e ben meno gravi di quelli nordici. Pertanto, alle nostre latitudini il valore delle politiche alcologiche si è affermato con un certo ritardo, che, come detto, non deriva solo dalla tradizionale “refrattarietà” latina alle regole, ma da un investimento culturale secolare che spiega almeno in parte il miglior profilo di resilienza in rapporto alle problematiche alcol-correlate di un paese come l’Italia.
In ogni caso, lo sviluppo di politiche alcol-relate in senso moderno si determina a partire dagli studi e dall’influsso sull’OMS di studiosi scandinavi e anglo-sassoni (Kettil Brunn, Griffith Edwards) che tra gli anni ‘60 e ‘70 del secolo scorso contribuiscono a ridisegnare le priorità sulla materia. In tale contesto, si precisano meglio da un lato i riscontri epidemiologici sull’onere alcol relato di malattia e morbidità e, dall’altro, l’importanza della regolazione come strumento positivo di correzione dei comportamenti e dei contesti critici, come ad esempio il rischio associato a trascurare leggi severe in materia di alcol e guida. Nel tempo, anche grazie all’influenza esercitata da questa cultura nelle sedi decisionali internazionali e nell’Unione Europea, negli ultimi trent’anni si è diffusa una crescita maggiore della consapevolezza delle problematiche alcol-relate e dell’esigenza di porvi mano con una legislazione adeguata.
Nei tempi a noi più vicini, è cresciuta la caratterizzazione socio-sanitaria della regolazione sull’alcol. La disponibilità di dati globali e la maggiore affidabilità delle revisioni sistematiche ha enfatizzato il rischio per la salute, soprattutto in relazione all’incidenza dei consumi di alcol sul cancro, anche a dosi relativamente moderate. Ciò ha portato molte agenzie scientifiche e regolatorie a intraprendere azioni restrittive sul consumo, ma anche sulla filiera produttiva, con l’invocazione di provvedimenti più severi in materia di pubblicità, promozione, canali di vendita e orari, e soprattutto tassazione. Questo filone, ormai riconosciuto standard anche dall’OMS/WHO, comporta una certa tensione tra la comunità scientifica, i governi, le organizzazioni di rappresentanza delle imprese e degli interessi economici e, naturalmente i consumatori. La risposta regolatoria dei paesi resta comunque differenziata, anche se negli ultimi anni, soprattutto nell’aumento della consapevolezza del rischio cancro, si registra una certa convergenza.
Circa il tema difficile della migliore efficacia delle policy per l’alcol, esistono scuole di pensiero molto differenziate. L’approccio oggi mainstream, in parte per le ragioni appena esposte, privilegia quadri normativi molto prescrittivi in cui l’aspetto sanitario e quello socio-comportamentale sono tenuti insieme dal principio di precauzione e minimizzazione del rischio. Ciò può condurre a forme piuttosto intrusive di orientamento al consumatore. Altri paesi e culture – tra cui la nostra – prediligono forme più persuasive e autoregolate di approccio al problema centrate sulla
responsabilità individuale del consumatore, il richiamo alla tradizione locale e la capacità del contesto di insegnare a gestire gli aspetti problematici del consumo, in una società solidale che non demonizza ma assiste ed aiuta chi ha problemi di alcol-dipendenza.
Sugli aspetti generali dell’alcohol policy si può consultare il sito https://cordis.europa.eu/project/id/223059 del progetto europeo AMPHORA, in continuo aggiornamento.
Le linee dell’azione politica mainstream in materia di alcol sono disponibili nei cosiddetti best buys dell’OMS. Si consulti il Global Status Report on Alcohol and Health 2018 scaricabile al sito: https://www.who.int/publications/i/item/9789241565639
Per una panoramica sulle strategie messe a punto dall’Italia ed una valutazione dei risultati ottenuti attraverso un’analisi comparativa con le politiche adottate da altri Paesi europei, si veda il report: Il punto sulle politiche: confronto delle strategie dell’Italia con alcuni Paesi europei.
Per un’indagine sull’uso dell’alcol in Europa e sull’impatto delle politiche alcologiche nazionali in termini di efficace riduzione del danno: Status Report on Alcohol Consumption, Harm and Policy Responses in 30 European Countries 2019.
Al fine di ridurre l’impatto dei danni alcol-correlati, in linea di principio risulta opportuno agire a più livelli:
1. Fiscalità sulla produzione
2. Fiscalità sui consumi
3. Controllo sulla distribuzione
4. Restrizioni sulle licenze commerciali
5. Accessibilità delle bevande alcoliche
6. Strategie di promozione e marketing delle bevande alcoliche
7. Programmi educativi
8. Warning Labels
9. Restrizioni su orari e luoghi di consumo
10. Alcol e guida
La misura dell’efficacia delle politiche alcologiche è oggetto di un nutrito dibattito internazionale. Da notare che il livello di operatività concreta delle suddette azioni correttive è strettamente connesso con la caratterizzazione culturale del bere nelle diverse tradizioni dei Paesi. I Paesi contraddistinti da una più marcata tradizione di controllo restrittivo delle bevande hanno storicamente privilegiato interventi intrusivi nelle libertà commerciali e degli individui ed appoggiato l’approntamento di misure di tipo protezionistico e proibizionistico, largamente basate su politiche fiscali di penalità del prodotto. Diversamente, i Paesi con una storia di maggiore accettabilità sociale e tolleranza verso le bevande alcoliche agiscono prevalentemente attraverso strumenti indiretti in cui hanno un ruolo fondamentale l’educazione alla salute e l’autocontrollo dei consumatori. Per un’analisi più dettagliata circa l’approccio politico alle tematiche alcol-correlate all’interno dell’UE, vai a sezione Uno sguardo fuori dall’Italia.