Con il preciso intento di tutelare il consumatore ed in particolare i soggetti più vulnerabili, il legislatore nazionale si è occupato del tema dell’alcol anche sotto il profilo della comunicazione commerciale.

Già la Legge Quadro n. 125 del 2001 contiene alcune disposizioni in materia di pubblicità delle bevande alcoliche. In particolare, prescrive che le emittenti radiotelevisive e delle agenzie pubblicitarie, insieme ai rappresentanti delle aziende produttrici, adottino dei codici di autodisciplina sulle modalità e sui contenuti dei messaggi pubblicitari riguardanti alcolici, stabilisce delle limitazioni per proteggere i minori dalla pubblicità di bevande alcoliche e vieta più in generale la diffusione di messaggi ingannevoli (art. 13)

In attuazione della legge de qua e dei regolamenti comunitari, la disciplina della comunicazione commerciale delle bevande alcoliche si è sviluppata attraverso il metodo dell’autoregolamentazione. Fondamentali testi di riferimento sono:

  1. Codice di autodisciplina della comunicazione commerciale IAP, che disciplina le attività promozionali riguardanti alcolici, affinché si conformino a modelli di consumo ispirati a misura, correttezza e responsabilità, tutelando in tal modo l’interesse primario delle persone ed in particolare di bambini ed adolescenti ad una vita familiare, sociale e lavorativa protetta dalle conseguenze connesse all’abuso di alcol
  2. Codice di autoregolamentazione TV e minori, che vincola le imprese televisive al rispetto di regole di comportamento volte a salvaguardare quella parte di pubblico dotata di minore capacità di giudizio e discernimento nei confronti dei messaggi pubblicitari attraverso un attento controllo dei contenuti ed una programmazione mirata a seconda delle fasce orarie
  3. Anche la pubblicità dei prodotti alcolici deve rispettare le previsioni del D. Lgs 25 Gennaio 1992, n. 74 sulla pubblicità ingannevole e compativa.

Articolo interessante: http://boneradavide.wordpress.com/2011/07/04/la-pubblicita-dellalcol-in-tv-i-dati-del-report-2010/

Di particolare rilievo negli ultimi anni è la questione della valenza della comunicazione commerciale associata alle nuove tecnologie digitali ed ai cosiddetti canali social. La pervasività e la diffusione di Internet e dei social media, parallelamente all’uso di supporti mobili come il cellulare e di piattaforme dedicate a pagamento e non accessibili a chiunque, pongono un problema obiettivo di regolazione di contenuti che tocca anche la promozione delle bevande alcoliche.

E’ una questione molto complessa, che ha profili allarmanti soprattutto per i giovani e per il rischio associato al bere al di sotto dell’età minima legale. Un aspetto a parte tocca, infatti, il capitolo delle vendite on line, decisamente cresciute durante il periodo pandemico, che in assenza di regolazione possono comportare l’azzeramento di ogni barriera di età sotto il manto della privacy e dell’anonimato.

Un punto importante riguarda la distinzione di ambito tra comunicazione pubblicitaria in senso tradizionale, affidata a canali chiusi sulla base di contratti tra produttore e diffusore, e quella social caratterizzata da messaggi e contenuti diffusi più o meno liberamente e spesso gratuitamente al di fuori di un trattativa definita in termini legali ed economici. Obiettivamente, le imprese si sono trovate rapidamente ad affrontare una competizione sui nuovi canali che, se non presidiati, potrebbero comportare una riduzione della conoscenza del marchio.

Ci sono due aspetti rilevanti nella comunicazione social: il primo è l’assenza di filtri e di distinzioni tra messaggi allusivi e richiami ai marchi commerciali veicolati nella rete che, di fatto, sfuggono ad un controllo preventivo da parte dei produttori, con effetti critici ed imprevedibili anche sulla reputazione delle imprese. Il secondo è il fenomeno del cosiddetto User Generated Content (contenuti generati dagli utilizzatori), rappresentato da una discorsività e una comunicazione basata sull’apporto originale degli utilizzatori e consumatori messo in rete senza filtri. Molte, ad esempio, sono state le occasioni di utilizzo abusivo di marchi per rappresentare – soprattutto in modalità video auto-prodotti – esperienze di eccesso nell’uso di alcol talvolta associato a messaggi discriminatori o abusivi senza alcun riguardo alla privacy delle persone rappresentate. Altre volte i contenuti alludono a giochi on line e concorsi che prevedono “gare” di consumo in eccesso che possono condurre a comportamenti imitativi molto pericolosi.

Legislatori e interessi di impresa hanno espresso ripetutamente allarme e denuncia su una questione che presenta non poche difficoltà dal punto di vista regolatorio. Il dibattito internazionale sulla questione è molto attivo ma non sembra che al momento, al netto di una richiesta vocale di divieti drastici da parte di organizzazioni sanitarie e attivisti sul fronte anti-alcol e della prevenzione primaria, si siano fatti progressi.

Per quanto attiene all’Italia, in assenza di una legislazione quadro che affronti organicamente il tema, l’Istituto di Autodisciplina della Pubblicità (IAP) ha definito fin dal 2019 il principio di Identificazione della comunicazione commerciale, che stabilisce che “la comunicazione commerciale deve sempre essere riconosciuta come tale” . Essa è regolata da un “Regolamento Digital Chart” che identifica i criteri per rispettare tale requisito: https://www.iap.it/codice-e-altre-fonti/regolamenti-autodisciplinari/regolamento-digital-chart/