{seog:disable}Il perche’ di un Osservatorio

L’OPGA nasce all’inizio degli anni novanta per il bisogno di acquisire e consolidare con strumenti scientifici affidabili le conoscenze sul fenomeno alcol nella loro complessità e multidimensionalità.

La ricerca sul campo accompagnata da una puntuale ricognizione delle metodologie disponibili, la focalizzazione sui diversi modelli di consumo, la scelta di privilegiare l’osservazione dell’universo giovanile attraverso una lettura multidisciplinare integrata, l’esplorazione antropologico-culturale del rapporto alcol/società, sono stati fin dall’inizio gli obiettivi che hanno caratterizzato la missione dell’Osservatorio.

La filosofia dell’Osservatorio

Premesso che l’oggetto principale dell’Osservatorio è lo studio della relazione tra i giovani e le bevande alcoliche, va sottolineato che questo si fonda sull’assunto secondo cui i consumi delle bevande alcoliche seguono regole che, per la loro natura culturale e sociale, variano da luogo a luogo e da tempo a tempo. Tali variazioni sono la conseguenza della continua evoluzione dei valori e dei significati che di volta in volta sono attribuiti ai consumi delle bevande alcoliche.

La variabilità dei consumi alcolici, dei valori e dei significati a loro attribuiti, mette in crisi la lettura della relazione con le bevande alcoliche attraverso categorie dicotomiche attualmente prevalenti, quali quelle che contrappongono l’uso all’abuso. Si ritiene invece prioritario, per la comprensione dei fenomeni, recepire il senso delle varie modalità in cui l’uso e l’abuso si possono declinare.

Di conseguenza, il nucleo centrale dei riferimenti teorici e metodologici che l’Osservatorio ha assunto è costituito dalle scienze umane, in senso lato, e dalle scienze sociali, considerando l’approccio prevalentemente medico-sanitario parziale.

Il rigore metodologico è la base fondamentale con cui l’Osservatorio distingue tra fatti e valori, tra ciò che è dato nella realtà – e che esiste indipendentemente dall’osservatore – e i giudizi di valore che le diverse condotte possono sollecitare.

Preso atto della complessità dell’“universo alcol”, l’Osservatorio ritiene che la lettura di tale complessità richieda una sinergia di diverse discipline, competenze e saperi. Il prevalente approccio di “salute pubblica”, pur importante nel considerare i problemi legati alle conseguenze dell’abuso delle bevande alcoliche, offre una visione parziale dei fenomeni ed è incapace di considerare la natura profonda dei comportamenti individuali e/o collettivi, con il rischio di proporre soluzioni poco incisive nella soluzione dei problemi.

L’approccio medico e le conseguenti proposte avanzate in termini normativi, non tengono conto che dietro la relazione degli individui con le bevande alcoliche c’è una “storia” ultramillenaria.

Una storia che ci narra di un legame profondissimo tra l’alcol, nei suoi vari usi e valori, e la vita umana. Una storia che ci mostra soprattutto che questo legame ha resistito e continua a resistere di là di qualunque tipo di intervento che le società hanno saputo fare. Il fallimento dei vari proibizionismi ne è la miglior riprova.

Naturalmente, un conto è prendere atto che pratiche così dense di vissuti umani e di significati non possono (e forse non debbono) essere sradicate, un altro conto è restare cinicamente indifferenti a fronte delle sofferenze che esse possono provocare.

In quest’ottica, pur ribadendo la totale disponibilità a integrarsi con le altre discipline, la ricerca alcologica promossa dall’Osservatorio privilegia la lettura antropologico-culturale e psico-sociologica dei comportamenti alcol-correlati. Attraverso tale ricerca l’Osservatorio intende farsi animatore, sia a livello nazionale che internazionale, di una “alcologia sociale”, capace di integrare le conoscenze bio-mediche così da poter proporre ai policy makers interventi normativi basati su chiavi di lettura che tengano conto della “globalità” dei problemi e delle diverse componenti che vi sono implicate.

Una visione “globale”dei comportamenti alcol-correlati deve necessariamente tenere conto di tutti gli “attori” che entrano in gioco. In quest’ottica, la filosofia dell’Osservatorio è quella di prendere in considerazione e di dialogare con tutte le realtà coinvolte, senza pregiudizi e senza esclusioni preconcette e di mantenere prioritaria, nelle attività di ricerca, la propria indipendenza nella formulazione delle ipotesi di lavoro, nella scelta delle metodologie, nella presentazione e nella critica dei risultati ottenuti. E questo a prescindere dalla natura della committenza.

Il quadro internazionale

L’Europa resta il luogo al mondo dove in quantità e qualità l’alcol mantiene un primato significativo nei modelli di consumo, nel gusto dei consumatori e nelle loro rappresentazioni simboliche. Spesso è tematizzata una suddivisione tripartita: il bere latino-mediterraneo, quello anglo-sassone e germanico, quello nordico-scandinavo. Questi riferimenti hanno sedimentato nel tempo una caratterizzazione fortemente culturale del sistema alcol, sia nelle sue espressioni accettate, sia nel legame con l’abuso, la devianza e la sanzione sociale, religiosa o penale. Di fronte alla spinta generalizzata alla riduzione dei consumi, si assiste, di fatto, a una maggiore convergenza nei comportamenti dei consumatori, nello stile di vita collegato all’alcol, nella comune ricerca della qualità al posto della quantità. Le barriere culturali che sembravano stabilite per una sorta di determinismo geografico cedono il posto a una figura di consumatore europeo rintracciabile alle diverse latitudini del continente con tratti simili.

Tuttavia, malgrado questa tendenza all’omologazione, in Italia rimangono estese le caratteristiche di un consumo “mediterraneo” delle bevande alcoliche, legato alla convivialità, alla dimensione alimentare, alla ritualità e alla tradizione familiare del bere. Ciò fa sì che, nel panorama europeo, l’Italia sia uno dei Paesi in cui, di fronte ad un elevatissimo numero di consumatori più o meno regolari (70-80%), la percentuale di abuso e di alcolismo è relativamente bassa.

L’Osservatorio crede che il “bere mediterraneo” sia un modello da difendere in quanto portatore di valori “protettivi” di fronte al consumo eccedentario. E’ all’interno del nucleo familiare che le giovani generazioni possono, in maniera fisiologica, imparare e sviluppare uno stile di consumo responsabile delle bevande alcoliche. Questa visione non si allinea con la visione dirigista di politica europea della salute proposta dall’Ufficio Europeo dell’OMS. l’Osservatorio invece privilegia l’approccio negoziale basato sul mutuo riconoscimento delle esigenze di libertà e quelle di tutela di interessi collettivi.

Ambiti di ricerca e di impegno dell’Osservatorio

Scelta prioritaria dell’Osservatorio nello sviluppare la sua missione è stata quella di dedicarsi all’universo giovanile. I giovani non solo rappresentano il futuro della nostra società, ma sono anche l’espressione più immediata dei cambiamenti cui la società va incontro e, nello stesso tempo, gli indicatori precoci del disagio sociale.

Nell’accostarsi al mondo giovanile, la posizione dell’Osservatorio è di estremo rispetto della condizione giovanile, evitando ogni atteggiamento moralistico e giudicante. Le problematiche derivanti dai consumi eccedentari di bevande alcoliche da parte dei giovani, vanno considerate attraverso un processo che, progressivamente, tenga conto:

      a) della conoscenza e della comprensione del fenomeno:

attraverso l’approccio bio-psico-sociale, l’Osservatorio si impegna a monitorare i comportamenti, le abitudini, gli stili di vita del mondo giovanile tenendo conto della rapida evoluzione dei modelli culturali, degli stili del bere e del senso e dei valori ad esso attribuiti dagli attori sociali. L’osservazione di questi fenomeni – rifiutando strumentalizzazioni allarmistiche – è orientata alla comprensione delle dinamiche che portano una minoranza di giovani a considerare le bevande alcoliche come strumento di trasgressione e/o di evasione e/o di automedicazione. Tale minoranza richiede una particolare attenzione in quanto rappresenta la fascia debole e vulnerabile dell’universo giovanile, per la quale sono necessari un’azione di identificazione precoce e interventi particolarmente mirati. Considerare questa minoranza come una rappresentazione unitaria dell’universo giovanile non solo è una distorsione della realtà (poiché la maggioranza dei giovani si accosta alle bevande alcoliche in maniera responsabile e moderata), ma significa anche enfatizzare, paradossalmente, uno stile di consumo e di vita che, nell’immaginario collettivo, è considerato “vincente”, in quanto ha accesso privilegiato alla notorietà dei mass media.

      b)      della promozione del benessere e della prevenzione dell’abuso:

uno degli obiettivi principali dell’Osservatorio è promuovere, nei giovani come negli adulti, l’educazione al bere responsabile. Ciò comporta la promozione di un modello di vita e di un contesto sociale finalizzato al benessere psico-fisico della persona. E’ all’interno di questo modello che il soggetto può esercitare una libera scelta dei propri comportamenti in rapporto alla salute individuale e collettiva, anche sulla base delle conoscenze degli effetti delle bevande alcoliche e dei danni correlati all’abuso. Ciò impone una presenza e una continuità di azione che, attraverso metodi di ricerca-intervento, porti all’identificazione di efficaci iniziative formative, strettamente correlate ai contesti relazionali e sociali.

     c) dell’accoglienza e della presa in carico del disagio:

l’Osservatorio, prendendo atto della presenza di una fascia vulnerabile dell’universo giovanile, per la quale l’eccedenza alcolica è solo uno dei fattori di rischio, si pone il problema di come l’attuale realtà degli adulti si fa carico di tale disagio e del tipo di risposte messe in atto per aiutare i soggetti che lo sperimentano a superarlo.

     d) della definizione normativa:

la filosofia di base dell’Osservatorio considera che una efficace politica di prevenzione, rispetto al rischio di abuso, passa attraverso un’educazione diffusa e capillare al consumo responsabile e all’autoregolazione. Riconosce tuttavia la necessità e talvolta l’urgenza che la società adotti misure che inducano a un uso responsabile delle bevande alcoliche, soprattutto per garantire la sicurezza e i diritti di tutti. Contestualmente si impegna a monitorare e a verificare quanto le misure adottate per modificare comportamenti e stili di vita siano efficaci.

 Per un orientamento delle politiche 

Orientare le politiche significa, per cominciare, apprendere dagli errori passati. Esemplare, quando parliamo di errori, è stata l’esperienza del Proibizionismo negli Stati Uniti, con i suoi ben noti costi in termini di criminalità organizzata. La lezione è semplice e chiara: il diritto non ha il potere di reprimere bisogni che hanno radici millenarie in quasi tutte le culture del globo. Il diritto può e deve regolamentare le situazioni di rischio che la sostanza alcol – con la sua ambivalenza – è in grado di creare, ma non può ignorare – negandoli – gli aspetti di piacere e di benessere che i consumi alcolici comportano.

L’accento posto esclusivamente sulle valenze negative della sostanza, esprime una posizione scientificamente scorretta perché unilaterale. Voler, ragionevolmente, modificare determinati comportamenti perché ritenuti dannosi, richiede non soltanto grande prudenza (il rischio di effetti non voluti o addirittura opposti, soprattutto quando si tratta di giovani è assai alto), ma anche una rigorosa attenzione all’intero contesto materiale e culturale di riferimento.

Questo significa coinvolgimento dei soggetti interessati, della loro rete sociale e, non ultimo, di tutte le istituzioni che, a vario titolo, si fanno carico della condizione giovanile.